Articoli di Giovanni Papini

1955


in "Schegge":
Luce sugli Etruschi
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 115, p. 3
Data: 15 maggio 1955


pag. 3




   I miei misteriosi antenati, gli Etruschi, erano in perpetuo e vitale collegamento col ciclo e col mondo sotterraneo, ma non coll'epidermide della terra, dove pure piantavano alberi e fabbricavano città.
   Gli Etruschi credevano che gli dei guidassero di continuo la vita ordinaria e straordinaria degli uomini e che si servissero di segni esteriori e simbolici per trasmettere i loro consigli e i loro ordini. L'osservazione e l'interpretazione di questi segni costituivano quella scienza tutta etrusca che era l'aruspicina e gli aruspici altro non facevano che rivelare, decifrando i moniti divini, ciò che gli Etruschi, giorno per giorno, dovevano fare o astenersi da fare. Gli dei manifestavano comandi e divieti principalmente per mezzo delle folgori, che scendono dal cielo sulla terra, e dei volatili, che salgono dalla terra verso il cielo, sicché gli aruspici stavano sempre con gli occhi rivolti al cielo per comprendere il significato dei fulmini nelle tempeste e dei voli delle aquile.
   L'industria che permetteva abbondanza, lusso e fasto agli Etruschi, era l'escavazione dei metalli che essi vendevano in tutti i porti del Mediterraneo. Erano, perciò, un popolo di marinai, ma soprattutto un popolo di minatori. Scendevano nelle viscere dei monti presso il mare, per trarne argento e ferro ed ancora si vedono alcune gallerie delle loro miniere.
   La maggior parte delle tombe etrusche sono pure nelle viscere della terra, dentro le caverne e le grotte o in necropoli sotterranee, dove i morti riposavano in mezzo a festose e ben colorite scene della vita dei viventi.
   Anche oggi la maggior parte delle città e delle tombe etrusche sono nascoste, nonostante gli scavi, sotto la superficie della terra: l'Etruria, la religiosa, l'avventurosa, la sontuosa Etruria, è per metà sepolta ed attende ancora la sua resurrezione nel buio del mondo sotterraneo.
   Gli Etruschi contemplavano il cielo per conoscere come dovevano agire; poi si addentravano nel seno tenebroso della terra per cercarvi la loro ricchezza e per deporvi i loro morti.
   Il popolo etrusco, insomma, mirava soprattutto alle altezze e alle profondità, disdegnava le superfici, tutto quello che era fin troppo visibile e a portata di mano. Ricercava quasi sempre l'alto ciclo degli dei o l'oscuro regno profondo che nasconde i tesori e ospita i morti.
   Vien fatto di ricordare il celebre aforisma di Emanuele Kant secondo il quale la sublimità della legge morale è comparabile soltanto al cielo stellato sopra di noi e alle silenziose tombe sotto di noi.


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